Un vorticoso giro di termica (di Marco Littamé - parte 4, fine)
In gara, ma questo vale anche per il volo in relax, è fondamentale
essere lucidi. Si devono prendere decisioni in tempo zero, non ci si può permettere di sbagliare: ormai le gare si vincono sui dettagli e sulle sfumature; non sono concessi errori che, se commessi, vengono pagati a caro prezzo.
Anni fa sono stato in Cina, a Pechino. Ciò che più mi ha colpito, oltre lo smog, l'odore onnipresente di truciolato metallico misto ad aglio fritto, la mancanza di figa, i grattacieli con pubblicità inneggianti all’Occidente, è stato indubbiamente il traffico: caotico, rumoroso, irriverente, incontrollabile, pauroso.
Dopo le prime planate di rito l'incontro con la termica è stato un orgasmo. Sottrarre metri alla forza di gravità era un miracolo che si ripeteva di volta in volta. Volavo sempre da solo. La presenza degli altri piloti mi infastidiva e, se si avvicinavano troppo a me, io me ne andavo. Mi sembrava di progredire velocemente e di sfruttare le termiche domestiche con destrezza ed efficacia. Ogni tanto, poi, emigravo, cambiavo sito di volo e tornavo a casa, con le orecchie basse. Con le prime gare, inoltre, la situazione non migliorava: decine di piloti che, al minimo accenno di termica, ti investivano come una mandria di bufali in corsa! Ero in fuga perenne.
Come ho superato questa situazione? Ho incominciato a non fuggire da un pilota solo, poi da due, poi non me la davo a gambe quando mi trovavo con piccoli gruppetti. In gara è facile, è più facile: i piloti seguono regole ben precise, fino allo start il senso di rotazione è convenzionalmente a sinistra nei giorni dispari, a destra nei giorni pari. Salvo rare eccezioni, inoltre, tra i piloti c'è molto rispetto: chi trova termica decide il giro, chi sale più forte decide il giro e gli altri si adeguano. Volare con piloti più forti di te è un vantaggio sotto molti punti di vista, soprattutto per la sicurezza. Ho imparato velocemente a seguire le regole, ad essere prevedibile, a non scartare mai di lato come un bufalo della mandria, a rimanere nel mio giro controllando a 360° gli altri piloti intorno e quelli sotto e sopra. Mi è capitato di volare in gara in modalità sopravvivenza con più di 100 piloti in uno zerino e non aver alcun problema di sorta e, invece, farmela letteralmente sotto per un pilota domestico che decideva, di punto in bianco, di raddrizzare un giro di valzer di termica senza preoccuparsi per le conseguenze che stava causando.
Mancano pochi giorni alla partenza per il Brasile, ho ancora a disposizione un giorno per volare. Faccio un breve resoconto: ho volato sette volte da settembre ad oggi (aprile), sempre da solo in condizioni non eccezionali; sommo le ore: non arrivo alle dita delle due mani. Sei volte non sono arrivato in atterraggio. Apparentemente un po’ pochino, direi.
Mi manca però l'ultimo esercizio, l’esercizio principe, il collante di tutti, il valore aggiunto.
Oggi Sanò non mi serve, alzo la tapparella, c'è il sole. Meglio ancora.
Il decollo del Belice mi rassicura, è uno dei più belli e idonei della zona, il vento non tira mai forte e permette persino di sbagliare: niente cavi, nessuna falesia a strapiombo quando esci. Preparo l'attrezzatura con calma, controllo tutto due volte: non ho fretta.
“Sei pronto Luca?”
“Sì”
“Mi raccomando corri”
“Ok papà”.
Non mi piace viaggiare in aereo, lo trovo noioso, ripetitivo, odio i tempi morti. Preferisco l'auto, posso fermarmi a pisciare quando voglio, all'aria aperta. Ho il mio rito: prima di entrare nel gate passo una buona mezz'ora in libreria alla ricerca di un buon oblio per la mente. Non sempre mi va bene e dover leggere l'unico brutto libro di cui disponi è peggio di un calcio negli zebedei! Sono stato molto fortunato nel viaggio di andata, una fila completamente libera mi ha consentito un viaggio in business al prezzo economy. Ora mi trovo intrappolato come una sardina, sarà lunga, molto lunga.
Non sono soddisfatto per come è andata la gara. Ho commesso errori che, ancora oggi, non mi so spiegare, o meglio lo so benissimo. A torto ho sentito dire che se hai un problema, quando stacchi i piedi da terra ti dimentichi tutto, almeno momentaneamente. Per me non è così, alcuni problemi si trasformano in un -3 costante.
In una task all'apertura dello start mi trovavo a 100 metri da terra in modalità si salvi chi può insieme ad altri tre piloti. Avevo ipotizzato una linea diversa per partire, che mi avrebbe dato un bel vantaggio iniziale, ma tre cumuli in sequenza avevano rifiutato le mie avance facendomi perdere la quota guadagnata in precedenza. Mi ero salvato da solo, ma l'ansia di recuperare i primi mi aveva fregato, solo dopo pochi km.
Il vero capolavoro, però, era alle porte: in un'altra task mi accorgo 4800 metri dopo di non aver fatto una boa. Torno indietro … ombra ovunque dove prima c'erano i cumuli. Game over.
Avevo iniziato bene, nei giorni di training day mi sembrava di aver facilità di salita in termica, sicurezza e giusta spavalderia, voglia di correre e tanta voglia di vincere. La prima task aveva poi confermato le mie impressioni: miglior tempo in goal a pari merito col vincitore della recente Superfinale colombiana, Michel Sigel. Per buona parte della gara ero riuscito, inoltre, a dettare tempi e termiche ai miei avversari: cani rabbiosi e affamati alla rincorsa di una salsiccia volante!
È nell’ultima task, però, che ho fatto la differenza, usando più la testa che la speed, mix di tanti esercizi, regalandomi una vittoria di task che, con le nuove regole, mi consentiranno di accedere direttamente alla prossima Superfinale che, neanche a farlo apposta, si disputerà a febbraio proprio a Baixo Guandu.
9 luglio 2018
Avrei voluto chiudere in bellezza questo piccolo racconto descrivendo nei minimi dettagli una bella vittoria e, invece, se mi volto, vedo due delle più importanti gare della stagione, i Campionati Italiani e la Pwc di Gemona, volate in modo imbarazzante, con errori a ripetizione e il mio nome in classifica facilmente reperibile abbassando lo sguardo.
So benissimo che il mio pessimo stato di forma dipende solo ed esclusivamente da me stesso, o meglio dall’emotività con cui vivo la mia quotidianità e gli impegni familiari incatenati al mio cuore.
Non bastasse, ho poco tempo per esorcizzarla: sono stato selezionato per i prossimi Campionati Europei che si disputeranno in Portogallo, tra una settimana.
Speravo molto nella convocazione e quando il team Leader, Alberto Castagna, me lo ha comunicato, ovviamente la notte non ho chiuso occhio.
Tre giorni dopo recupero nella rubrica del telefono il numero di Alberto. Con lui ho un bel rapporto schietto, da amico vero. Mi ha insegnato molto nel corso degli anni, sia dal punto di vista tecnico- tattico sia da quello umano. Infinite volte mi ha consigliato di fare un “giro di campo” dopo un buco per poi ripresentarmi in squadra e pensare alla task successiva. A volte un giro non bastava e allora, per farmi sbollire l’ira funesta, era necessario affrontare una vera e propria maratona, ma il consiglio ha sempre funzionato e lo tramanderò senz'altro ai miei figli. Credo che nella vita si rivelerà per loro utile.
Mi sento un po’ in colpa, forse ho rubato il posto a qualche altro pilota più in forma di me, sono tormentato e vorrei comunicarlo ad Alberto. Sono pensieroso e titubante, quindi, prima decido di parlare con Federica.
Essere parte della squadra nazionale è l’ambizione massima a cui un pilota garista può e deve aspirare. Non c’è nulla di più ambizioso, se non la vittoria per la tua Nazione. In questi giorni di Mondiali di calcio da spettatori, gli Italiani hanno forse capito, più di ogni altra volta, cosa significhi giocare e gareggiare per la propria Patria. Più volte ho avuto i brividi nell’osservare non tanto i gesti atletici bensì gli sguardi dei giocatori che nelle sconfitte immagazzinavano il dolore di milioni di spettatori.
Federica mi lascia sfogare, come spesso capita, e poi, semplicemente, mi fa osservare che altre volte sono stato io quello rimasto a casa a discapito di piloti meno in forma. Come nel calcio “la palla è rotonda”, così nel parapendio “il cielo ha infinite soluzioni”, sta solamente a te trovare quella giusta, quella vincente.
Prendo il telefono, cancello il numero di Alberto e ne compongo un altro.
“Ciao Valeria vorrei ordinare un fascio nuovo per il mio Enzo 3 M. Sii riesce ad averlo per gli Europei?”
(fine)
Marco Littamé
nella foto: al centro Marco Littamé, campione d’Italia 2012, con Nicole Fedele e Damiano Zanocco che hanno vinto il titolo nella categoria femminile e sport. Marco ha vinto i titoli italiani anche nel 2008, 2010 e 2015. In questo momento sta gareggiando con la nazionale italiana impegnata negli europei in Portogallo
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