Relazione incidente senza conseguenze (070629N0) - Rodolfo Saccani
Data: 29 Giugno 2007
Località: Montecristo, parco nazionale del Gran Sasso
Mezzo: Parapendio Ozone Vulcan (LTF 2)
Imbrago: Gin Gingo
Casco: Con mentoniera
Paracadute di soccorso: Modello e taglia sconosciuti, estrazione manuale, posizionato sotto la seduta.
Profilo del pilota:
Età 35 anni, sesso maschile. Circa quattro anni di esperienza, circa 70 ore di volo l'anno. Ha effettuato pochi brevi voli di distanza e pochi voli di alta montagna.
Recentemente è passato da un'ala omologata LTF 1-2 ad una omologata LTF 2. Aspira a fare i primi grandi voli di distanza grazie alle maggiori prestazioni della nuova vela.
Ha partecipato ad un corso di Simulazione Inconvenienti di Volo con la vela precedente.
Ha frequentato il sito di volo dell'incidente in altre due occasioni, entrambe in inverno con condizioni aerologiche deboli.
Condizioni meteo:
Condizioni di brezza termica da riscaldamento del pendio, termiche blu sopra il Montecristo, qualche cumulo humilis su Campo Imperatore.
Dinamica:
Poco prima delle 15 decolla da quota 1.600m con l'obiettivo di raggiungere Campo Imperatore (circa 5km di distanza) e poi tornare.
Appena decollato, prima ancora di sistemarsi nell'imbrago, entra in modo asimmetrico in una termica potente che causa un'ampia cabrata accompagnata da rollio a cui segue una marcata picchiata con cambio di traiettoria di circa 60°. E' la prima volta che il pilota si imbatte in un'ascendenza così marcata, l'esperienza lo spaventa, ritiene di aver evitato per poco un incidente e realizza che la nuova vela di categoria LTF 2 ha una mobilità sugli assi decisamente maggiore rispetto alla vela precedente di categoria LTF 1-2.
Prosegue il volo e guadagna in poco tempo oltre 1.100m di quota sopra il decollo per poi puntare verso Campo Imperatore. Dopo circa 2km, viste le forti condizioni e ancora scosso dall'evento iniziale, realizza di non divertirsi più e non se la sente di proseguire. Decide di tornare indietro e tentare un top landing sul pendio da cui è decollato.
Per effetto della quota la prospettiva sotto di lui è cambiata e, non conoscendo bene il posto, non è più sicuro di riconoscere il paesaggio: riconosce il Montecristo sotto di sé ma non trova il punto di decollo. Nel frattempo incontra una discendenza nella quale cerca di mantenersi per ridurre la quota nella speranza, riavvicinandosi alla montagna, di riuscire a trovare il punto di decollo. Dopo qualche minuto si trova a circa 200-300mt sopra la cima e, non riuscendo ancora ad individuare il decollo, subentra un momento di confusione e disorientamento.
Sente l'urgenza di tornare a terra e permane nella discendenza alla ricerca del decollo.
Quando realizza di stare cercando nel posto sbagliato (perché effettivamente non è decollato dalla cima della montagna ma da un rilievo più in basso a circa 2km di distanza), trovandosi basso, decide di aggirare il monte dal lato sottovento.
Entra in una zona caratterizzata da un marcato effetto Venturi di origine orografica e si ritrova a viaggiare ad oltre 80km/h.
A questo punto realizza di essere nei guai ma non può che proseguire sperando di poter completare il giro intorno alla cima e tornare sul lato sopravento senza incorrere nella turbolenza del lato sottovento della montagna.
Dopo pochi secondi di volo in aria completamente calma entra nel rotore di sottovento, subisce una secca chiusura asimmetrica sinistra di circa il 25% dell'ala a cui segue una picchiata in avanti della semiala destra con innesco di una marcata rotazione (il pilota riferisce di non aver prontamente controllato la reazione). Segue una chiusura asimmetrica destra pari a circa il 20-25% della superficie. La vela entra in vite mentre il pilota, giudicando sufficiente la quota residua, prova a rallentare trazionando i comandi che sono diventati estremamente duri. Il pilota riferisce di aver tentato di strattonare i comandi con tutta la forza senza produrre alcun effetto, gli sembra che la vite acceleri invece che rallentare.
Alla fine del terzo giro abbandona i tentativi di recupero ed estrae il paracadute di soccorso lasciandolo andare dietro di sé, affidandolo alla forza centrifuga. Mentre completa il quarto giro avverte l'azione frenante del paracadute.
La quota residua al momento dell'entrata in vite (circa 180mt) si è rapidamente ridotta e l'efficacia del paracadute si manifesta a circa 20-30 metri dal suolo producendo una pendolata che porta il pilota dalla posizione a faccia in giù che aveva in vite ad una posizione a faccia in su. Il pilota raccoglie le gambe ed impatta intensamente il terreno di schiena. La mousse dell'imbrago attutisce l'urto. Segue un rimbalzo verso destra che lo porta ad atterrare a faccia in giù e finalmente a fermarsi.
L'analisi della traccia GPS rileva un massimo tasso di caduta di 14m/sec raggiunto in vite. La massima velocità raggiunta nel tragitto verso il lato sottovento della montagna è di 84km/h. L'impatto con il terreno è avvenuto con una velocità verticale stimabile in circa 4-6m/sec.
Esito:
L'impatto è fortunatamente avvenuto su terreno e non su rocce.
Nessuna conseguenza fisica per il pilota o per l'attrezzatura.
Il pilota ha una radio ma non è in contatto con gli altri piloti del gruppo che probabilmente non hanno la radio. Raggiunge a piedi una strada dove chiede un passaggio e viene accompagnato in decollo.
Considerazioni:
Il pilota ritiene di aver fatto i seguenti errori:
-
essere decollato troppo presto in considerazione delle caratteristiche del sito di volo, della stagione e della forte condizione, nonché in considerazione della sua limitata esperienza con la nuova vela (circa tre voli);
-
non aver prestato dovuta attenzione all'orografia perdendo l'orientamento e confondendo la cima del Montecristo con la pendice dalla quale era decollato;
-
non aver previsto l'effetto Venturi generato dall'orografia e dell'intensità del vento;
-
aver sottovalutato i pericoli della turbolenza di sottovento.
Le considerazioni del pilota sono corrette.
Il pilota, volendo tornare a terra rapidamente, decide di atterrare sul pendio da cui è decollato. Una scelta più conservativa sarebbe stata quella di portarsi in zona aerologicamente meno attiva e successivamente atterrare in pianura.
E' assai probabile che la perdita di lucidità causata dall'ansia di dover affrontare una situazione che temeva di non saper gestire (condizioni aerologiche particolarmente robuste, una vela di categoria superiore a quella abituale e con la quale non ha ancora familiarizzato, un luogo di volo poco conosciuto, un volo di alta montagna per lui inusuale) abbia giocato un ruolo chiave.
Ha quindi commesso un altro grave errore: decidere di aggirare la montagna dal lato sottovento. Questo lo ha portato a dover affrontare prima il Venturi e poi il rotore di sottovento.
A questo punto, anche se le configurazioni inusuali causate dalla turbolenza fossero state gestibili, le condizioni psicologiche del pilota non gli consentivano di affrontare con sufficiente lucidità la situazione di emergenza: il pilota riferisce di non aver prontamente contrastato la prima chiusura e di aver tentato di uscire dalla vite strattonando i comandi.
Il paracadute di soccorso è stato lanciato in ritardo, solo pochi secondi avrebbero decretato un esito decisamente peggiore.
Il pilota, pur avendo con se una radio, non era in contatto radio con altri piloti ed è atterrato in zona non coperta dal servizio di telefonia mobile. Nel caso fosse rimasto infortunato avrebbe avuto serie difficoltà ad invocare soccorso.
Il pilota riteneva che passare ad una vela più performante gli avrebbe consentito di fare voli di distanza che non aveva fatto con la vela precedente. Questo è un errore. Il volo di distanza va affrontato con una vela con cui il pilota è estremamente confidente, della quale ha un ottimo controllo in turbolenza e con la quale sa gestire gli assetti inusuali (generalmente significa averci fatto un corso SIV).
Volare con una vela che non si è certi di poter gestire in situazioni impegnative o comunque inadatta al livello del pilota (per esperienza, capacità, frequenza di volo, sensibilità), oltre a minare la sicurezza induce apprensione e penalizza le prestazioni ottenendo un risultato opposto a quello sperato. Questa situazione come minimo compromette il divertimento, che è il fine primario della maggior parte dei piloti di volo libero.
Le vele di classi inferiori non rappresentano di fatto un limite al volo di distanza e numerosi voli oltre i 100km effettuati con vele di categorie basiche lo dimostrano.
Un mezzo di categoria superiore offre prestazioni migliori ma richiede maggiori capacità del pilota per essere gestito.
Assai frequentemente sono le capacità del pilota a rappresentare un limite all'esecuzione di voli di distanza, non le prestazioni del mezzo. Solo quando il pilota è in grado di gestire voli di distanza lunghi e impegnativi ha senso valutare il passaggio ad una categoria superiore.
Non sono rari i casi di piloti che smettono di apprezzare il volo libero finendo anche per allontanarsene a causa di precoci passaggi a mezzi di livello inadeguato alle proprie capacità. Questi passaggi spesso comportano incidenti, mancati incidenti o semplicemente fanno sfumare il piacere del volo sostituendolo con apprensione e tensione.
Raccomandazioni:
Volare sempre con la radio accesa e sintonizzata su una frequenza concordata con altri piloti.
Nell'affrontare nuove situazioni procedere sempre per gradi e mai introducendo più di una novità (attrezzatura, luogo di volo, condizioni aerologiche).
Evitare di tentare manovre impegnative come il top landing in condizioni particolarmente difficili (sia aerologiche che di stato psico-fisico).
Affrontare i primi voli di distanza preferibilmente in compagnia di piloti più esperti o seguendo corsi avanzati specifici.
Affrontare condizioni di turbolenza, come quelle che comporta il volo di distanza, per gradi e solo con un mezzo del quale si è dimostrata la capacità di gestione degli assetti inusuali. La partecipazione a corsi SIV è un passaggio fondamentale nella crescita del pilota da questo punto di vista.
Effettuare il passaggio a mezzi di categoria superiore solo quando si è in grado di gestire il mezzo attuale anche nelle condizioni più impegnative.
Effettuare il passaggio a mezzi di categoria superiore solo quando il proprio livello di preparazione è tale da rendere il mezzo oggettivamente un limite alle proprie aspirazioni. Nel passaggio ad un nuovo mezzo considerare che mezzi più performanti richiedono maggiore impegno e maggiori capacità da parte del pilota. Valutare oggettivamente se si è in grado di sfruttare le maggiori prestazioni e giudicare in base al proprio metro e in base al proprio modo di volare se il maggiore impegno nel pilotaggio e i maggiori rischi sono realmente giustificati.
Prestare sempre la dovuta attenzione all'orografia del luogo e visualizzare l'interazione tra l'orografia e i venti.
La massima efficacia nel lancio del paracadute di soccorso in configurazioni centrifugate (come una vite) si ottiene lanciando il pacco nella direzione di avanzamento: in questo modo partirà per la tangente della traiettoria percorsa con la massima velocità possibile minimizzando il rischio di un'interferenza con il fascio funicolare del parapendio.
Fonti:
Non ci sono testimoni. Il pilota ha fornito un racconto esauriente e dettagliato documentato dalla traccia GPS del volo.
Rodolfo Saccani
Commissione Sicurezza FIVL
Tel: 3355844936
E-mail: sicurezza@fivl.it