Cornizzolo, domenica 24 luglio 1988
Ci pregiamo riprendere un ottimo testo tratto dalla pagina facebook di Alberto Dellavedova,
animatore anche del gruppo Avionica per il Volo Libero
M.te CORNIZZOLO, domenica 24 luglio, anno 1988 - Per non dimenticare un triste episodio che pochi conoscono.
Sulle Prealpi lombarde è una calda domenica di fine luglio. Come di consueto nei weekend, molti appassionati del volo libero si ritrovano in prossimità della vetta del Monte Cornizzolo, cima panoramica dell'Alta Brianza (tra Como e Lecco), uno dei punti di lancio più noti e frequentati del Nord Italia.
Verso le ore 16 il cielo verso ovest inizia a farsi minacciosamente cupo: diverse persone sono ancora in volo col proprio deltaplano, alcune addirittura si sono appena lanciate. Un rapido sistema temporalesco frontale sta per raggiungere la zona: forti e improvvise raffiche di vento al suolo da quadranti orientali palesano l'intensità e la rapidità con cui le torri temporalesche stanno sviluppandosi in troposfera. Nel giro di pochi minuti la zona di volo diviene teatro di micidiali correnti ascensionali, che lasciano ben poco margine di manovra alle leggere strutture degli "aquiloni", nome con cui i piloti chiamano la coppia di semiali a delta. Da quel momento per una dozzina di essi inizia una lotta alla sopravvivenza, nel tentativo disperato di allontanarsi dalle ascendenze più potenti, perdere quota e guadagnare il suolo il più rapidamente possibile. La forza della disperazione contro la violenza della natura.
Restare "inghiottiti" da un cumulonembo è un'esperienza che - per stessa ammissione di chi l'ha vissuta e n'è scampato per miracolo - lascia segni indelebili nel fisico e nella mente. In pochi istanti si perde il senso dell'orientamento, la vista è offuscata dalle nubi e la respirazione è resa difficoltosa dai furiosi turbini d'acqua e grandine. I muscoli - complici il freddo e la minore disponibilità d'ossigeno - faticano a reggere l'intenso e prolungato sforzo fisico necessario a governare la vela. Le brusche correnti ascensionali, che nel cuore del nembo possono superare i 200km/h, determinano un incremento vertiginoso di quota: a quelle altezze le temperature crollano sottozero e il ghiaccio comincia a ricoprire le mani, le braccia, il volto. Chi non riesce a liberarsi in fretta da questa spaventosa giostra della natura è quasi sempre un condannato.
Quella domenica di luglio, a tempesta conclusa, diversi nomi mancheranno all'appello. Qualcuno sarà ritrovato poco lontano dalla sede di atterraggio (Brughetto, Cesana Brianza), ferito ma fuori pericolo. Altri verranno recuperati - sotto shock ma vivi - nel lago di Garlate, in Val Seriana (BG) vicino a Clusone (oltre 50km più a est!), a Orio al Serio (BG) e a Morbegno in Valtellina (!!), con ustioni da gelo per la prolungata permanenza alle basse temperature presenti alle quote raggiunte prima di riuscire a sfuggire dal cumulonembo (4/5000m e forse oltre).
Cinque deltaplanisti, piloti veterani con anni d'esperienza alle spalle, perderanno la vita dopo essere precipitati rovinosamente al suolo tra la Brianza, Lecco, le Grigne e le prealpi bergamasche: Mario Maspero, Guglielmo La Rocca, Guido Baruffini, Antonio Legranzini, Marco Lietti.
ANALISI DELLA SITUAZIONE METEO
L'evento occorso 27 anni fa rappresenta una delle situazioni più pericolose per il nostro territorio, non tanto per l'intensità della fenomenologia temporalesca quanto per la RAPIDITA' con cui essa si sviluppa, trattandosi di una perturbazione pilotata dalla traslazione di un SISTEMA FRONTALE in moto sostenuto da ovest verso est. Tale dinamica è da attribuire alla presenza di una vasta saccatura di origine nord-atlantica (si veda la mappa di rianalisi allegata), che riesce ad affondare in modo deciso fino alla latitudine del Nord Italia. L'aria fredda in seno a questo sistema, raggiungendo le Alpi e quindi le Pedemontane, è in grado di attivare un repentino sollevamento forzato della massa d'aria calda e umida accumulatasi in Valpadana durante le assolate giornate estive. Tanto maggiore è la differenza di temperatura tra le due masse d'aria, tanto più forte sarà la spinta convettiva indotta (galleggiamento per principio di Archimede).
A differenza di quanto capita con i temporali "di calore", ossia in occasione della più classica instabilità temporalesca pomeridiana, le linee temporalesche frontali - seppur a breve scadenza - sono caratterizzate da una dinamica abbastanza prevedibile, in quanto il loro sviluppo è presto palesato sia dalle immagini satellitari (già disponibili nel 1988) sia dai rilevamenti radar. Si osservi, a tal proposito, l'animazione meteosat-2, grazie alla quale - fin dalle prime ore della notte - era ben apprezzabile il rapido incedere di un fronte temporalesco molto attivo verso il Nord Italia.
E' tuttavia fondamentale essere in possesso di questi dati, altrimenti accade l'effetto esattamente opposto, ossia ci si trova nelle condizioni di dover fronteggiare una fenomenologia insolitamente
improvvisa, che non trova ragion d'essere se ci si basa esclusivamente sulle osservazioni locali. Per fare un paragone, è come trovarsi ad attraversare a piedi una strada deserta di montagna poco prima di una curva mentre sopraggiunge un camion a tutta velocità.
Le previsioni meteo del Centro Geofisico Prealpino, emesse sabato 23, erano piuttosto chiare circa la situazione attesa per domenica:
"Un sistema frontale freddo proveniente dalla Francia avanza verso le Alpi occidentali e interesserà, tra stasera e domani sera,
le nostre regioni settentrionali. La pressione [...] diminuisce rapidamente, sintomo dell'approssimarsi del sistema temporalesco. Le masse d'aria caldo-umide stagnanti da diversi giorni sulla conca padano alpina saranno attivate a causa del sopraggiungere delle masse d'aria più fredde, a partire dalle Alpi Cozie e, via via, sempre più intensamente verso le Alpi e le Prealpi centrali, fra il Ticino e l'Adda. I fenomeni saranno esaltati dall'elevato irraggiamento diurno sulle zone montane. Attualmente sono in vista i primi addensamenti cumuliformi [...] La loro evoluzione in peggio è abbastanza rapida. Fenomeni previsti: rovesci e precipitazioni di forte intensità, turbolenza e grandine."
Per quale motivo, quindi, quel pomeriggio del 24 luglio ha potuto consumarsi una simile tragedia? La spiegazione, come spesso accade in occasioni simili, va ritrovata in una somma di concause:
* il concetto di rischio
La pratica del volo libero viene svolta anche (per qualcuno soprattutto) in condizioni generali di moderata instabilità convettiva in medio-bassa troposfera, dal momento che le termiche rappresentano esse stesse il "motore" che consente ai piloti di rimanere in quota. In simili situazioni il rischio di rapida degenerazione in convezione profonda non può mai essere scongiurato in modo categorico, così come chi guida un'automobile non potrà mai escludere la possibilità di essere coinvolto in un incidente stradale. L'ESPERIENZA e la PRUDENZA possono aiutare a riconoscere le situazioni più pericolose, ma non potranno MAI evitarle del tutto. Solo chi resta sempre a terra può dirsi (quasi) al sicuro.
* la tempistica
Meteorologicamente parlando (considerazione valida in generale e non solo per il volo), non c'è niente di più pericoloso di un sistema temporalesco frontale che si attiva a metà pomeriggio di un giorno festivo di sole. La stessa identica situazione, 8 ore più tardi o anche alla stessa ora ma un lunedì, non sarebbe stata ricordata come una tragedia. Potrebbe sembrare una considerazione banale, ma non è così. Il senso è questo: se alla prevenzione del rischio temporalesco va data sempre e comunque attenzione, esistono alcune occasioni in cui questa attenzione dev'essere estrema, vuoi per maggiore energia in gioco (a luglio è massima dalle ore 14 alle 19), vuoi per elevata densità di attività umane in luoghi aperti.
* l'insufficiente diffusione dei bollettini meteorologici nei contesti di volo libero
Nel 2015, nell'era degli smartphone e di internet ovunque, l'accesso alle previsioni meteo (no, non le app con le iconcine.. s'intendono i servizi professionali AM-ENAV per l'assistenza al volo) è facilmente alla portata di tutti i centri, amatoriali e non. Nel 1988 le (poche) informazioni viaggiavano per radio o per fax e la loro visibilità era alquanto limitata, mancando tra l'altro sufficiente organizzazione e coordinamento da parte degli stessi circoli di volo libero. E' molto probabile (quasi certo) che nessuno dei presenti quel pomeriggo al Cornizzolo avesse preventivamente consultato le ottime previsioni meteo del C.G.P. riportate poco sopra, semplicemente perchè non erano ancora diffuse se non limitatamente ad alcuni enti di prot. civile.
* la sottostima del rischio meteorologico
Nel 1988 i praticanti il volo libero erano soliti valutare le condizioni di stabilità atmosferica quasi esclusivamente sul posto, "a vista". La stessa assistenza radio, di cui quasi tutti i deltaplanisti erano provvisti, forniva indicazioni sulla base di osservazioni in loco, a orizzonte inevitabilmente limitato. Una valutazione simile può fornire suggerimenti molto utili nella maggior parte dei casi critici, TRANNE quando si sta approssimando un intenso sistema temporalesco frontale. In tal caso lo sviluppo dei cumulonembi è localmente così rapido ed estemporaneo da non consentire un adeguato margine d'allerta con la sola osservazione sul posto. Alle prime avvisaglie, non restano più di cinque, dieci minuti prima che si scateni l'inferno, un tempo insufficiente per consentire il rientro in sicurezza di chi si trova a veleggiare in quota. L'unica soluzione per scampare per tempo al pericolo, in questi casi, è quella di affidarsi ai rilievi strumentali (satellite, radar meteorologico) o comunque seguire le tempestive segnalazioni da parte dei centri per l'assistenza al volo. Ai giorni nostri e con le tecnologie odierne, dovesse riproporsi una sinottica identica a quella del 24 luglio 1988, sarebbe davvero imperdonabile che qualcuno arrivasse a farsi cogliere altrettanto di sorpresa. Nel caso, si tratterebbe di forte negligenza nell'affrontare l'attività del volo libero con il dovuto senso di responsabilità.
Quel maledetto pomeriggio persero la vita cinque persone, ma siamo convinti che negli anni a venire, in memoria di quel triste episodio, molte di più abbiano trovato e troveranno salvezza ragionando sull'importanza della prevenzione del rischio meteorologico.
Alberto Dellavedova